La mostra

Il concetto di "Bello", per me, non ha fretta, non progredisce, se mai elabora. Si sofferma, contempla con filosofico distacco. Se agisce, anche con furore dionisiaco è per imitare, selezionare, classificare, ricomporre gli infiniti frammenti in cui gli uomini e il tempo frantumano l'esperienza. Il " Bello", non risponde dunque all'orologio della storia, è piuttosto un "continuum" che sopravvive al presente, illumina il futuro, si nutre del passato. "Ho reinventato il passato per vedere la bellezza del futuro", scriveva Louis Aragon. Poeta surrealista, poeta del sogno.

                                                               Moris De Leyva

 

                                                           

Presentazione della mostra a cura di Rita De Santis

Benvenuti alla mostra di Moris De Leyva in questo meraviglioso luogo incantato.

Sono orgogliosa di presentare questa mostra di un uomo, che per me non solo è un artista eccellente ma anche un grandissimo amico.

Morys de Leyva è un uomo con un forte senso altruistico.

La sua pittura simbolica surreale gli consente di spaziare in campi molto ampi.

Questa esposizione fa un excursus su una buona parte del suo panorama artistico pittorico per rendere omaggio con le sue pennellate, ora luminose ora piene di mistero a tutti quei pittori che ha sempre amato.

Questa rassegna era già nella sua mente da molti anni  ma rimasta irrealizzata, perché Moris non aveva mai trovato il luogo che rispondesse al suo immaginario.

Ma si sa nella vita esistono gli incontri anche tra persone e luoghi e finalmente l’entaglement è avvenuto qui nel Castello di Dolceacqua che gli ricorda la sua vita trascorsa per 18 anni in due castelli.

Moris, è come dire, sempre in ritardo con se stesso.

La sua pittura approda oggi al molo di forme diverse immergendosi completamente nel colore.

Questa mostra è la sua presentazione ufficiale al pubblico ligure per condividere con esso lo slancio vitale del suo pensiero che si nutre di passato per costruire il futuro.

E’ assiomatico, se gli artisti dovessero coltivare il senso della “possibilità”, dovrebbero continuare a costruire mondi e paesaggi mentali con pazienza e temerarietà restando disponibili loro stessi a stupirsi dei risultati.

Lo stupore e l’immaginazione sono componenti essenziali per l’opera di Moris spesso accompagnati da un senso di sconfinata solitudine.

Lo spazio che qui si esplora è quello tra la fisica e la metafisica, tra il sogno e la realtà, dove i vari piani non sono contigui ma costruiscono frattali esplorabili solo con geometrie non euclidee.

In effetti nei suoi paesaggi e nelle sue rappresentazioni mentali ci sono punti di svolta che si materializzano all’improvviso come se si lasciasse ad ognuno di noi la possibilità di affacciarsi a una feritoia ventosa, intagliata nella pietra nel punto più alto della torre di un castello, o di sostare sulla guglia di una cattedrale segnata dalle rughe del tempo ed è da li, da quel vuoto coniugato alla vertigine che  prende forma una malinconia che ci avvolge, la malinconia di ciò che poteva essere e non è stato e di ciò che è stato senza essere.

Alla fine di questo viaggio percettivo ci rendiamo conto che nell’opera di Moris De Leyva non è l’artista che adopera il colore per dipingere ma è il colore che si appropria del tempo e dello spazio, del sogno e della realtà per restituirceli in forma di dipinti, qui davanti a noi, a stupirci, infatti come sempre.

  • Il luogo; la torre

  • Il luogo; l'ingresso

  • Il luogo; cortile e portico

  • ingresso a sinistra

  • la poetessa e il suo attimo fuggente

  • ingresso a destra